Alzheimer

Alzheimer: le 4 scoperte positive di quest’anno nel campo della ricerca internazionale

La ricerca sull’Alzheimer è stata duramente colpita dalla pandemia. Ma l’Alzheimer’s Association International Conference (AAIC), la più grande conferenza di ricerca nel mondo, ha ridato molte speranze a chi soffre di questa forma di demenza. Conferenza che, anche se virtualmente, si è tenuta lo stesso lo scorso luglio. La conferenza ha visto la partecipazione di ricercatori che hanno condiviso il loro lavoro, hanno collaborato e si sono lasciati ispirare reciprocamente.

Quest’anno sono state ben 4 le buone notizie che l’AAIC ha dato al mondo della ricerca sull’Alzheimer. Scopriamo insieme quali sono!

1. I valori del sangue potrebbero dirci qualcosa di più sull’Alzheimer

I ricercatori hanno scoperto un nuovo marker che, nelle analisi del sangue, potrebbe essere un campanello di allarme utile per diagnosticare l’Alzheimer. Si tratta della proteina Tau, una proteina che si riscontra nel cervello dei malati di Alzheimer in maniera anomala, cioè in forma aggrovigliata. La forma più specifica della proteina Tau – che sarebbe segnale dell’insorgere dell’Alzheimer – è la proteina p-tau217. I ricercatori hanno dimostrato come questo marker sia preciso dell’89% in più rispetto alla semplice Tau e permetta di distinguere molto più facilmente l’Alzheimer da un’altra forma di demenza.

2. Il 40% dei casi di demenza può essere prevenuto

Nel 2017 il rapporto della Commissione Lancet sulla prevenzione della demenza aveva rivelato che 9 fattori di rischio facilmente modificabili rappresentavano circa il 35% delle probabilità di contrarre una forma di demenza. In un rapporto di follow-up condiviso con l’AAIC, ne sono stati rintracciati altri 3, ovvero:

  • lesioni cerebrali traumatiche;
  • consumo eccessivo di alcol;
  • inquinamento atmosferico.

Insieme, questi 12 fattori di rischio sui quali si può intervenire, rappresentano il 40% delle probabilità di contrarre una forma di demenza. Perché questo è importante? Anche se ci sono svariati altri fattori di rischio che non possiamo controllare, si può cercare di prevenire lo sviluppo di forme di demenza.

3. Nuovi trattamenti farmacologici non dannosi per contrastare stati di agitazione

Molte persone affette da demenza o da Alzheimer soffrono di stati di agitazione che influiscono negativamente non solo su di loro, ma anche sulle persone che li circondano. La soluzione migliore sarebbe quella di ricorrere a trattamenti non farmacologici per contrastare questi stati d’agitazione, poiché è stato dimostrato che alcuni trattamenti farmacologici possono avere effetti collaterali negativi a lungo termine.

Tuttavia, alla luce di quanto emerso durante l’AAIC, i ricercatori hanno affermato che sono in atto sperimentazioni per trattamenti farmacologici sicuri ed efficaci per il trattamento dell’Alzhaimer. Questi, infatti, non solo sono in grado di placare gli stati di agitazione, ma di farlo senza rischiare danni collaterali

4. Tenere conto dei fattori socio-culturali per contrastare l’insorgere di demenza o Alzheimer

Un team di ricercatori ha dimostrato quanto il contesto socio-culturale sia uno dei fattori per cui in individui di una etnia, anzichè un’altra, possa essere più alta la probabilità di contrarre forme di demenza e Alzheimer. Questi fattori possono essere dei più vari e che sono, purtroppo, alla base di discriminazioni per cui persone meno fortunate non possono accedere, per esempio, al mondo dell’educazione o della sanità. Da qui dovrebbe nascere un impegno più concreto per demolire ogni disparità e discriminazione presenti nella nostra società.

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